Quando organizzo un weekend fuori porta la prima cosa che penso è “Dove andiamo a mangiare?”. Questa volta ho fatto il contrario: ho organizzato un fine settimana solo per andare a mangiare alla Clinica Gastronomica Arnaldo di Rubiera, il primo stellato d’Italia. Già che c’ero ne ho approfittato per fare un giretto a Parma e Modena e nell’articolo vi racconto tutto. Spoiler: ho mangiato tantissimo.

UN WEEKEND DA ARNALDO CLINICA GASTRONOMICA, IL PRIMO STELLATO D’ITALIA

Il nome di Arnaldo è sempre circolato in casa mia come se fosse un po’ il paradiso del mangiar bene. Mio padre lo amava talmente tanto che quando si laureò a Bologna, quarantacinque anni fa, organizzò lì la cena di laurea per tutti gli amici.

Mentre Natale si avvicinava e la cosa che più ci mancava era andare a cena fuori, mi è venuto quindi spontaneo pensare di regalare a Federico, il mio ragazzo, una cena alla Clinica gastronomica Arnaldo di Rubiera, che nel ’59 ottenne la stella Michelin per non mollarla più, e si fregia oggi del titolo di stella più antica d’Italia. Altro elemento fondamentale nella scelta: Arnaldo è uno dei rarissimi stellati che offre cucina tradizionale. Niente cucina creativa, niente incursioni internazionali, questo è il tempio della cucina emiliana, tutto raccolto intorno all’altare del carrello dei bolliti. Ultimo dettaglio ma non meno importante: da Arnaldo ci si può anche fermare a dormire, satolli e soddisfatti.

Clinica Gastronomica Arnaldo – © Arianna Montanari

Abbiamo dovuto aspettare quasi cinque mesi prima di poter andare a Rubiera, un minuscolo paesino fra Modena e Reggio Emilia, ma appena la zona gialla ha permesso di spingere lo sguardo un po’ più in là rispetto alla propria regione, ho prenotato.

UNA TAPPA A PARMA PER PRANZO

Siamo partiti di sabato, belli comodi verso le 12.00, e per le 14.00 eravamo a Parma. La strategia era di stare leggeri a pranzo per poterci godere al meglio la cena, quindi panino. Avevo un vago ricordo di un panino delizioso mangiato a Parma più di un decennio fa e grazie ai magici poteri di internet sono riuscita a recuperare l’indirizzo: l’Enoteca Fontana in Strada Luigi Carlo Farini 24, in pieno centro. Ambiente informale, parecchi tavolini all’aperto, l’Enoteca Fontana è una delle più antiche e conosciute in città per via dell’ampia selezione di vini che va dal Lambrusco locale ai grandi rossi francesi ai migliori Champagne, per i primi piatti durante la pausa pranzo e, soprattutto, per i suoi salumi.

Un panino fra tutti, il Principe al prosciutto crudo. Focaccina resa croccantissima dalla piastra, un sottile strato di Parmigiano reggiano leggermente fuso e abbondante prosciutto crudo così dolce che per un attimo ho creduto che quella storia dei parmigiani che si tengono i prosciutti più buoni tutti per loro, dentro agli stretti confini della provincia, fosse vera. Fra i panini più buoni che abbia mai mangiato, costo: 3,60€.

Abbiamo poi fatto un giretto per il centro storico, senza darci nessuna meta e perdendoci fra le strade principali dello struscio del weekend e le stradine più nascoste che convergono sulla Piazza del Duomo. Il Duomo, consacrato nel 1106, è una delle testimonianze più importanti dell’architettura romanica in Italia, e alla sua sinistra c’è il Battistero dell’Antelami, consacrato nel 1270 e interamente rivestito di marmo rosa di Verona. Se volete fermarvi più a lungo, sul blog trovate un super articolo su cosa fare a Parma tra cultura, food e shopping.

cosa fare a parma: Duomo di Parma
Assunzione della Vergine, Duomo di Parma / Scorcio sul Battistero – © Agnese Capiferri

POSTI DOVE NON SONO RIUSCITA A NON SPENDERE SOLDI:

  • Olivia, Vicolo al Leon D’Oro 2. Piccolo negozio di giochi e abbigliamento per bambini a tinte pastello (dimenticatevi Bimbus e la Giocheria, qui è tutto unico e bellissimo). Vi farà venire voglia di fare regali a tutti i bambini che conoscete o di portarvi in salotto la casa delle bambole che avete sempre sognato. Hanno anche un e-commerce.
  • Libreria Fiaccadori, Via Al Duomo 8/A, fondata nel 1829. È una libreria generalista piuttosto grande che è stata assorbita dalla catena delle Librerie S.Paolo, ma i librai sono riusciti a conservarne l’individualità e il carattere. Il salone centrale è dedicato alla narrativa, soprattutto alle novità e alle letterature del mondo divise per paese. Post-it con delle brevi recensioni stanno a indicare i libri consigliati dai librai.

Un ultimo giro nel monumentale complesso del Palazzo della Pilotta, costruito nel XVII secolo fra il Piazzale della Pace e il Lungoparma, che deve il suo nome alla pelota basca che i soldati spagnoli praticavano fra i suoi ampi cortili, e abbiamo ripreso la macchina in direzione Modena.

UNA TAPPA NEL POMERIGGIO A MODENA

Piazza Grande, la Cattedrale e la Torre del Duomo (ma nessuno la chiama così, per tutti i modenesi è La Ghirlandina) sono stati dichiarati Patrimonio Unesco nel 1997, quindi un giretto fra i portici della città patria del gnocco fritto era d’obbligo. Dopo una breve passeggiata davanti alle vetrine della via Emilia abbiamo attraversato piazza Grande e salutato la statua della Buonissima (la Bunéssma, in modenese), così amata dai modenesi da meritare una statua. Ancora non si sa se fosse una nobildonna che aveva sfamato il popolo durante una carestia o una prostituta che concedeva le sue grazie senza chiedere denaro (preferisco pensare alla seconda).

Modena: La Buonissima – © Arianna Montanari

Il duomo è in stile romanico ed è dedicata al patrono della città, S. Geminiano, le cui reliquie sono custodite nella cripta. La prima pietra fu posata nel 1099 dall’architetto Lanfranco e per il rivestimento degli esterni vennero usati materiali di recupero della Mutina romana – un riciclo ante litteram. Da vera gattara, la cosa che mi piace di più del Duomo di Modena sono i leoni posti agli ingressi, anch’essi di epoca romana (I sec d.C.).

La Ghirlandina, la torre del Duomo innalzata entro il 1179 è il simbolo di Modena, ben visibile da tutti i punti della città, ed è così alta per ragioni di rivalità coi bolognesi. Deve il suo nome alle due ringhiere intorno alla punta – due ghirlande, appunto. Consiglio di salire su in cima, perché il panorama sui tetti rossi della città è bellissimo. Dietro Piazza Grande, prendendo il corso Canalchiaro, si aprono tante stradine e vicoletti pieni di locali molto carini dove fermarsi a bere un aperitivo, e dove in generale è molto piacevole passeggiare.

Ho trovato anche qui un posto dove spendere soldi: la libreria dell’usato Il Sognalibro in via Sant’Eufemia 16, dov’è possibile trovare per poco prezzo vecchi libri ma anche nuove pubblicazioni in ottimo stato, e dove si può venire risucchiati anche per ore. Terminato il nostro giretto modenese abbiamo ripreso la macchina, finalmente in direzione Arnaldo.

Modena: Libreria il Sognalibro – © Arianna Montanari

LA CENA E IL PERNOTTAMENTO ALLA CLINICA GASTRONOMICA ARNALDO

Il ristorante sorge nella piazza centrale del paese ed era già una locanda che ospitava forestieri e gente di passaggio quando Arnaldo Degoli, nel 1936, la rilevò per aprirci la sua Clinica gastronomica. Una piccola nota sul nome: negli anni ’60 il ristorante era molto frequentato da medici del Policlinico di Modena, e Arnaldo amava scherzare con loro dicendo che dalla loro clinica la gente usciva sempre triste, mentre dalla sua uscivano sempre tutti felici, perché al posto dei carrelli con flebo e medicinali c’erano i carrelli di arrosti e bolliti. E alla fine il nome di Clinica Gastronomica è entrato a far parte dell’insegna.

Clinica Gastronomica Arnaldo
Clinica Gastronomica Arnaldo – © Arianna Montanari

IL MENU ALLA CLINICA GASTRONOMICA ARNALDO

Da Arnaldo ci sono due possibilità: ordinare alla carta oppure provare uno dei due abbondanti menù degustazione, il menù Arnaldo – focalizzato sul famoso carrello dei bolliti e degli arrosti – o il menù Lina – che si concentra più sulla pasta fresca. Noi abbiamo optato per il menù Arnaldo, e ordinato un’ottima bottiglia di Lambrusco Ermete Medici capace di far cambiare idea anche ai nemici giurati del rosso con le bollicine.

COME SI MANGIA ALLA CLINICA GASTRONOMICA ARNALDO

L’antipasto, come nei ristoranti di una volta, è a carrello. Prosciutto crudo, mortadella, ciccioli, carpaccio, erbazzone, gnocco fritto e insalata di carciofi, tutti degni di nota.

Clinica Gastronomica Arnaldo: gli antipasti
Clinica Gastronomica Arnaldo: gli antipasti – © Arianna Montanari

Coi primi piatti Arnaldo comincia a sfoderare l’artiglieria pesante. Arrivano prima i cappelletti in brodo: non alla romagnola, ripieni solo di formaggio, ma come li fanno qui, simili a un tortellino ma senza il buco in mezzo. Anche se è maggio e l’aria non è più freschina il brodo è così meraviglioso che non ne lasciamo neanche una goccia. Non è un caso, credo, che sul menù vengano presentati come “Brodo con i cappelletti”, e non il contrario. È poi il turno della famosa Spugnolata, una lasagnetta bianca che non si trova da nessun’altra parte, molto ricca e farcita con besciamella e un sugo di spugnole.

Clinica Gastronomica Arnaldo: cappelletti e spugnolata
Clinica Gastronomica Arnaldo: Cappelletti e Spugnolata – © Arianna Montanari

Terminati i primi, il menù prevede il famoso carrello degli arrosti e dei bolliti. Io scelgo gli arrosti, fesa di vitello, lombo di maiale al latte e lombo di maiale al barolo, e ci aggiungo una fettina di prosciutto affumicato, compresa fra i bolliti. Federico sceglie i bolliti, con manzo, lingua, coda, testina, zampone, cotechino, prosciutto, gallina e polpettone, il tutto accompagnato da mostarda, salsa verde, salsa gialla e purè (buonissimo). Non ce la siamo sentita di aggiungere anche i fagioli con le cotiche, che ci venivano proposti come ulteriore contorno. La carne dei carrelli è all’altezza delle già molto alte aspettative, con una menzione speciale per zampone, prosciutto, manzo e fesa di vitello.

Clinica Gastronomica Arnaldo: il bollito
Clinica Gastronomica Arnaldo: il bollito – © Arianna Montanari

Infine, il dolce. Arriva su un carrello, anche quello (c’erano dubbi?). Per me zuppa inglese, che al rosso dell’alchermes non so resistere – e non vengo delusa. Per Federico una torta di riso ricoperta da uno zabaione così cremoso che rimane attaccato al cucchiaio. “Vi fidate di me?”, ci chiede uno dei camerieri, il più giovane in sala, e ci porta entusiasta una porzione del suo dolce preferito: un semifreddo al sambuco che si allontana un po’ dalla tradizione ma è la perfetta conclusione per la nostra cena.

Clinica Gastronomica Arnaldo: Zuppa Inglese
Clinica Gastronomica Arnaldo: la zuppa inglese – © Arianna Montanari

IL COSTO PER UN WEEKEND DA ARNALDO

Il conto, comprensivo di camera matrimoniale per una notte e colazione dolce e salata, è di 210 euro. Oltre al tepore del brodo e alle bollicine del Lambrusco, la cosa che davvero ci porteremo a casa e che non compare come voce di spesa, è la cura e il calore con cui siamo stati accolti. Non ci siamo sentiti clienti, siamo stati ospiti di una famiglia, ora guidata dal nipote di Arnaldo, Roberto Bottero, così innamorata del proprio lavoro e così abile nel portare avanti un’intelligente storia di tradizione da non sapere che cosa farsene della tanto abusata parola “rivisitazione”.

Speriamo che il racconto del nostro incantevole weekend alla Clinica Gastronomica Arnaldo vi sia piaciuto! Se cercate altre ispirazioni per unire gite e cibo, date un’occhiata alla sezione fuori porta del blog. Per rimanere in zona, non perdetevi la nostra guida su cosa vedere e dove mangiare a Bologna.