Nati entrambi sotto il segno dei Gemelli e guidati da Mercurio, quando ho proposto a Jonathan Bazzi un’intervista sul nuovo romanzo e sul suo rapporto con Milano, già sapevo che saremmo finiti a parlare di tutto, e così è stato. Dalla scrittura alla gentrificazione, dagli aironi sul Naviglio ai ristoranti vegani, ecco la nostra chiacchierata.

JONATHAN BAZZI: MILANO, PERIFERIE, SCRITTURA E RISTORANTI VEGANI

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Una delle prime cose che salta all’occhio di Corpi minori, uscito per Mondadori un paio di settimane fa e che per certi versi riprende dei temi già emersi con Febbre e li approfondisce, è che ogni capitolo porti il nome di una strada di Milano, di una piazza, o di un posto della tua città natale, Rozzano. Come ti è venuta l’idea?

Diciamo che non mi piace dare dei titoli che svelino troppo e che orientino la lettura, in Febbre ogni titolo era semplicemente la prima frase del capitolo, come si fa in poesia. Mentre scrivevo Corpi minori mi sono accorto subito che c’era un importante elemento topografico, urbanistico, e da lì è venuto molto spontaneo intitolare i capitoli con i nomi delle vie. Non si tratta sempre della via o della piazza in cui è ambientato il capitolo, magari è solo un riferimento che contestualizza l’ambientazione, ma mentre scrivevo mi sono accorto che stavo mettendo in atto una mappatura sentimentale della città; non era proprio un intento programmatico ma mi sembrava potesse funzionare e così l’ho conservato.

Corpi minori è un pellegrinaggio, un continuo spostarsi di casa in casa, di zona in zona, e in ogni spostamento si coglie un po’ lo spirito dei diversi quartieri di Milano, che ovviamente anche un po’ lo spirito di chi quella zona la abita, il suo immaginario. Vivere in una certa zona o in un’altra colora, in parte, la tua identità con gli elementi della zona.

Anche nella copertina c’è un sottile riferimento a Milano, come se l’illustrazione (di MP5) seguisse una mappa a cerchi.

Sì, che è poi la stessa struttura del desiderio. La metafora astronomica della gravitazione dei corpi minori intorno a quelli maggiori credo che funzioni bene per Milano, che è la città italiana del desiderio per eccellenza, e che da decenni, infatti, attrae a sé persone da tutta Italia. Era la città giusta per parlare di desiderio e del movimento tra l’idealizzazione, il sogno e l’inevitabile confronto con la realtà, fatto sicuramente di conferme ma anche di delusioni di fronte al pesantissimo bagaglio di immagini mentali con cui si arriva qui – e con cui si deve confrontare ogni storia d’amore.

Jonathan Bazzi Corpi Minori
Jonathan Bazzi – Corpi Minori – © Arianna Montanari

Milano vista da Rozzano, qui ma anche in Febbre, sembra anche la scintilla che innesca il tuo bisogno di scrivere.

Diciamo che i due temi di questo libro sono la città e l’amore, in tutte le loro coniugazioni, anche reciproche. C’è una vera e propria storia d’amore con la città, che come spesso succede con le storie d’amore a volte si fa ossessione e a volte abbaglio. E si arriva poi a ritrovare, nella città, anche una parte della realtà da cui si era scappati, perché è chiaro che Milano ha le sue periferie interne e che i margini non stanno solo ai bordi. Ghali, per esempio, viene da Baggio, che è una zona che è tutto sommato interna eppure marginale, Rkomi da Calvairate.

Il romanzo copre circa una decina d’anni e si conclude in un passato piuttosto recente, ma precedente a Expo. Credi che Milano stia andando in una direzione di continuità o di rottura rispetto a quel periodo?

La città ha cambiato il suo aspetto in molti punti, sono stati realizzati diversi interventi scenografici che hanno creato delle prospettive nuove, un nuovo panorama. Penso però che sia complicato rintracciare all’interno di una città così complessa e contraddittoria una direzione unica. Sicuramente alcune zone si sono mosse in direzioni interessanti, ma altre sono rimaste ferme.

Io ora vivo a Milano ma sono comunque molto attento a quello che succede a Rozzano, e lì il livello di criminalità e di degrado è ancora piuttosto sostenuto, per non parlare del tasso di abbandono scolastico che è il più alto del nord Italia. Come altre zone dell’hinterland, Rozzano è nata dall’esigenza di accogliere il flusso migratorio che arrivava dal sud, il problema è che poi molti di questi posti si sono cristallizzati in forme diversissime dalla città.

Spesso in questi casi c’è anche un rapporto contorto con la verità: sia le amministrazioni che le persone che vi abitano fanno fatica ad accettare la realtà dei fatti, e anche solo per una banale questione di autostima scattano dei meccanismi di rimozione che portano ad accettare lo status quo e bloccano ogni possibilità di cambiamento, perché se non sei consapevole non puoi cambiare.

Mi pare che accada una cosa simile anche in città, in particolare in alcune zone recentemente gentrificate. Spesso se ne fa una narrazione appiattita sulla retorica di Yes Milano, dimenticando che due vie più in là ci sono situazioni molto diverse e ancora problematiche, rimosse sia dall’orizzonte politico che da quello sociale.

Mi accorgo spesso che la politica, ma anche l’attivismo e l’impegno sociale, hanno un problema con le contraddizioni. È anche comprensibile, perché se voglio ottenere qualcosa non posso occuparmi più di tanto delle contraddizioni, devo andare dritto ripetendo sempre le stesse cose fino a che non raggiungo il mio obbiettivo.

Mi sono accorto, ad esempio, che un certo modo di usare i social per le battaglie in cui credo è problematico rispetto alla mia attività di scrittore, perché è chiaro che il rapporto con la verità che si coltiva nel campo dell’attivismo è diverso da quello che si coltiva nella scrittura, che non può permettersi di dimenticare le zone grigie, le ambiguità che albergano in ciascuno di noi. Carmen Maria Machado in Nella casa dei tuoi sogni (bellissimo, ndr) scrive che abbiamo più che mai bisogno di personaggi queer spiacevoli, sgradevoli, per mostrarli nella loro umanità più complessa e non solo come vittime.

Anche nel racconto della città ci sono queste differenze, queste ambiguità, e forse è compito proprio della letteratura restare in queste contraddizioni, sviscerarle e tenerle insieme. La politica si concentra su una certa questione e si arma retoricamente per procedere in quella direzione, senza spostare lo sguardo di lato.

Viene un amico in vacanza a Milano, dove lo porti?

(Ci pensa un po’ su, ndr) Io amo molto, sia da un punto di vista paesaggistico che affettivo, le zone non edificate di Milano sud, gli spazi che stanno fra la città e il luogo dove sono cresciuto, tutta la parte di Via dei Missaglia e quella intorno al Naviglio Pavese.

Scorci di Naviglio Pavese
Jonathan Bazzi: scorci di Naviglio Pavese – © Francesca Noè

Mi è capitato spesso di fare a piedi da Rozzano a Milano e lo trovo molto suggestivo perché si attraversano zone di transizioni, interstizi che non sono né periferia né città e che lasciano intravedere le bellezze naturali su cui sono stati costruiti posti come Rozzano. Lungo questo percorso ci sono delle aperture, delle fenditure del tessuto urbano che hanno un respiro che manca sia a Milano che a Rozzano, e io le amo moltissimo. Puoi vedere gli aironi che planano fra i campi, i pesci e le nutrie nel Naviglio.

Sono spazi di natura ai margini della città e credo che siano estremamente narrativi, perché mostrano la storia di com’era la città e di come si è costruita. C’è una quantità di enorme di officine, ad esempio, perché era una zona di transito. Mia madre mi raccontava di mio nonno che, all’inizio degli anni ’60, si faceva tutti i giorni in bicicletta, nella nebbia, da Rozzano fino a Pavia, dove c’era la fabbrica in cui lavorava. “E non sai i pianti”, le diceva lui. È un racconto familiare che però parla dei luoghi e dei movimenti che hanno fatto la storia di tutto il paese.

Io sono scappato da Rozzano, ma da quando non abito più lì, osservandola dalla giusta distanza, sono riuscito a cogliere tutto il suo potenziale, ne ho compreso il fascino e ho riconosciuto quanto fosse significativo il legame affettivo che mi stringe a quelle zone.

Dal libro sembri anche un gran camminatore.

(ride, ndr) Sì, anche adesso che stiamo parlando sto camminando avanti e indietro sotto casa da un’ora. Da piccolo dovevano costringermi a fare sport, anche a causa della mia timidezza lo detestavo. Poi sono cresciuto e ho scoperto che ho bisogno di usare il corpo per stare bene. Ho conosciuto lo yoga, che per alcuni periodi della mia vita è stata la mia attività principale e che anche nei momenti di trasformazione, in cui mettevo in dubbio tutto, rimaneva una base sicura e benefica, rigenerante.

Ho poi un rapporto molto stretto con il movimento all’interno dello spazio urbano. Già al liceo capitava che mi facessi a piedi da Rozzano al mio liceo, che stava in zona Fiera. Altre volte sono arrivato fino in Ortica, sono circa tre ore di camminata. Penso che muovere il corpo sia un modo per creare metafore, che camminare sia una dimensione creativa e preziosa per il pensiero, soprattutto se non lo si fa in un’ottica di risparmio del tempo. Ti consente di uscire dai binari che già conosci – che sono topografici ma anche linguistici e mentali – e di crearne dei nuovi.

I tuoi posti preferiti?

Io sono vegano, per cui sono sempre alla ricerca di posti nuovi, mi piace molto sperimentare. Sono legato a Porta Venezia, sia perché è la zona della comunità Lgbt ma anche perché c’è una buona percentuale di posti vegani. Uno che amo particolarmente è La Colubrina, un ristorante a gestione familiare che fino a qualche anno fa faceva cucina tradizionale, poi è subentrata la figlia, Consuelo, e ora offre una cucina completamente vegetale e attenta alle materie prime.

Sempre in zona Porta Venezia adoro Alhambra, ci vado almeno una volta alla settimana. È uno di quei posti capaci di dimostrare che essere vegani non significa mortificare il palato, anzi. Mi piacciono poi molto le cucine degli altri paesi, amo molto Fairouz, un ristorante libanese che ha due sedi, una in Wagner una in via Cornalia, e Dawat, un ristorante indiano in fondo a corso Sempione che ha un’ampia scelta di piatti vegani.

Per l’aperitivo vado spesso al Red di via Lecco, è un ambiente molto piacevole e sono amico delle tre sorelle che lo gestiscono.

Jonathan Bazzi: ristoranti vegani
Jonathan Bazzi: i ristoranti Fairouz e Alhambra – © Francesca Noè

Ho sentito la puntata del podcast di Calabresi (Altre/Storie) in cui ti intervista e a un certo punto ti chiede “che cosa regaleresti a Rozzano?”. Ecco, io vorrei concludere con la stessa domanda: che cosa regaleresti a Milano?

A Milano regalerei più attenzione alle differenze e alle possibilità di accesso, perché è una città che impone delle condizioni davvero estreme. Penso ovviamente alla questione abitativa: c’è stata un’escalation negli ultimi anni e i prezzi sono cresciuti enormemente, non solo quelli degli appartamenti ma anche delle stanze. Ci sono città che hanno messo in atto delle misure per calmierare la crescita incontrollata dei costi delle case e forse anche a Milano bisognerebbe pensarci, perché è pieno di persone che, pur di stare a Milano, pagano cifre altissime per soluzioni abitative che assolutamente non valgono il prezzo.

Credo che i social su questo punto abbiano giocato negativamente, perché a forza di vedere annunci di un certo tipo ti abitui a pensare che sia normale pagare una stanza 500 euro. È lo stesso meccanismo delle fake news: si legittimano delle cose che non sono reali.

Corpi Minori, di Jonathan Bazzi – Mondadori

Corpi minori è il secondo libro di Jonathan Bazzi, autobiografico come il precedente, Febbre (Fandango, 2019). Si racconta il movimento dalla periferia al centro, da Rozzano a Milano – vero, e magnetico, motore immobile di questa storia. Seguiamo Jonathan rincorrere i propri desideri, sempre diversi, eterogenei e incostanti, lo osserviamo perdersi e ritrovarsi, innamorarsi e disamorarsi per le vie di Milano. Corpi minori è un romanzo capace di raccontare la Milano di oggi e le contraddizioni che la attraversano, l’amore e tutte le sue ambiguità.

Se il racconto di Milano – e non solo – di Jonathan Bazzi vi è piaciuto, potete leggere tante altre interviste. Qui invece trovate altri libri ambientati a Milano e qui alcuni consigli su dove mangiare vegetariano a Milano.