Sicuramente a tutti è capitato di passeggiare lungo corso di Porta Romana, ma credo che nessuno abbia mai pensato come potesse essere prima dell’arrivo dei locali, dei ristoranti, dei parcheggi sempre pieni e delle Terme di Milano. Ecco, oggi vorrei introdurvi in un’atmosfera diversa, vorrei che per un momento chiudeste gli occhi e immaginaste di sentire i rumori delle carrozze passare sui ciottoli anziché quello dei clacson e delle auto, di incontrare uomini dagli alti cappelli e buffi baffi che passeggiano con in mano il bastone, a fianco della loro dama dai gonfi vestiti.

Fatto? Perfetto! Allora possiamo iniziare il nostro tour nella Milano del 1674 con l’aiuto di Carlo Torre, cardinale di San Nazaro nonché storico dell’arte, e del suo “Ritratto di Milano”, il cui titolo credo sia già abbastanza esplicativo.

VECCHIA MILANO: PORTA ROMANA TRA PASSATO E PRESENTE

Torre ci invita a calarci nei panni di cittadini romani che, giungendo alle mura di Porta Romana, vi rivedono una seconda Roma. Infatti, come per la capitale, la fondazione di Milano è dovuta alla creatura leggendaria della scrofa bianca semilanuta, la stessa che a Enea, su previsione dell’indovino Eleno, avrebbe indicato dove fondare la città romana. Questo animale fantastico lo potete notare anche sul secondo arco del portico del Palazzo della Regione, quindi la prossima volta che vi dirigete verso I love Poke in piazza dei Mercanti, non perdetevi questa piccola chicca!

scrofa semilanuta
La Scrofa Semilanuta – © Di M.casanova – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64059227

Passate le mura e, ritornando ad essere dei Milanesi di oggi, continuiamo il nostro viaggio nel tempo: dirigetevi sul lato destro di viale Sabotino. In questo punto, ancora con l’aiuto della fantasia, cercate di scorgere il campanile di una chiesa quattrocentesca a navata unica, sconsacrata nel 1791, dedicata a San Rocco, colui che protegge dal male della peste, grande nemico della città milanese; proprio per questo fu edificata una chiesa a suo nome in ognuna delle sei porte. Nel portico che l’anticipa sono ritratti da un lato San Rocco e dall’altro San Sebastiano (il santo dal corpo trafitto da numerose frecce per intenderci) di cui l’artefice è sconosciuto, ma che si pensa possa essere di derivazione bramantesca.

chiesa di san rocco porta romana
Chiesa di San Rocco – © Domenico Aspari

Per un attimo potete mettere in pausa la vostra immaginazione. Questa piccola chiesetta non esiste più, in realtà però ci rimane un polittico ovvero un insieme di più tele, di Cesare da Sesto, pittore discepolo di Leonardo Da Vinci, tanto sconosciuto quanto in realtà amato dai più celebri storici dell’arte, conservato al Castello Sforzesco. Questa tela al centro era composta dalla Vergine con in braccio Gesù e il nostro ormai grande amico San Rocco, mentre ai lati vi erano San Giovanni Evangelista e San Giovanni Battista collocati nel registro superiore, San Cristoforo e San Sebastiano in quello inferiore.

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Polittico di San Rocco – © Di Antonio Gandino – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16028905

Bene, ora proseguiamo riprendendo corso di Porta Romana e giungendo fino ad una chiesetta (oggi situata di fronte ad Ichimi) di origine medievale, lo si nota dal campanile, a cui forse non avete mai fatto caso. Fondata per volontà di Bernarbò Visconti, alla fine, è la cappella dell’ospizio che accoglieva per due giorni i pellegrini di passaggio verso la Via Emilia e si trovava originariamente fuori dalle mura spagnole. Questa chiesetta è molto umile nella sua struttura a capanna, con una facciata molto semplice e con un grande portale sormontato da un rosone (ora murato). All’interno è caratterizzata dal soffitto in legno e una sola navata che conduce all’altare.  Sopra all’altare è posta la pala “Cristo risorto appare tra San Pietro e San Paolo” (ora conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna) della mano di un mio concittadino, che sono molto felice di citare, Giovanni Battista Crespi detto Il Cerano. Oggi è sconsacrata e di proprietà privata.

Chiesa – © A Milano puoi

 

DA PORTA ROMANA A CROCETTA

Continuiamo a camminare fino a che non sbuchiamo a Crocetta. Esattamente alla nostra sinistra vi è una colonna sormontata dalla statua di Don Calimero, ma al suo posto c’era una semplice croce – da cui il nome Crocetta. Essa segnava tutti i luoghi sacralizzati dal cardinale Carlo Borromeo durante la peste del 1576/77, in cui vengono eretti o riconsacrati altari per celebrare messe all’aperto e per creare “stazioni” nei percorsi processionali.

Crocetta e la croce che non c’è più – © A Milano puoi

Compiendo pochi passi ci avviciniamo al Teatro Carcano il cui fondatore Giuseppe Carcano fu l’acquirente del convento di monache domenicane di San Lazzaro. Un tempo il convento risiedeva proprio qui, al posto del teatro, e ad oggi ci rimane solo un pezzo di chiostro di epoca cinquecentesca. Senza essere troppo invadenti sbirciate nel cortile con portico del Carcano, sempre affollato da giovani ballerine che riscaldano muscoli e si sistemano lo chignon, immaginate undici arcate su sue piani: quelle inferiori erano poste su capitelli a grande foglia corinzia, mentre quelle superiori su pilastri in muratura.

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Teatro Carcano – © Di Arbalete – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36388672

Come scrive il nostro buon caro Torre “mentre siamo sul visitar chiese di monache”  deviando per via Francesco Sforza troviamo un’altra chiesa di monache. Francescana, in questo caso, e dedicata a Sant’Antonio; anch’essa non esiste più nella sua forma originaria e al suo posto vi è il Policlinico. Mi è doveroso segnalarvi la presenza di due importanti tele cinquecentesche all’interno di essa ad opera di Antonio Campi, San Francesco e San Sebastiano, oggi alla Pinacoteca del Castello Sforzesco.

Da via Francesco Sforza ci trasferiamo dall’altro lato verso Via Santa Sofia in cui era situato il convento di Sant’Apolllinare, di fondazione duecentesca, soppresso nel 1782. Poteva ospitare fino a 80 suore, dispone ancora oggi di un giardino che all’epoca veniva irrigato dalle acque del Naviglio e possedeva una ricchissima biblioteca di codici che in parte è passata di proprietà dell’Ambrosiana. Oggi vi è un nuovo convento di suore, che riprende il giardino del precedente.

Il giardino del convento – © A Milano puoi

Il nostro viaggio di fantasia nel quartiere di Porta Romana finisce qua, potete tornare all’anno 2018 e alla strada trafficata da macchine e tram anziché carrozze. Spero vi abbia invogliato a fare qualche passo indietro nel tempo. Come ultimo consiglio vi suggerirei un bel cannoncino da Panarello per rigenerarvi!